… È questa una mattina
che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d'albaspina.
Le siepi erano brulle, irte; ma c'era
d'autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.
(G. Pascoli, “L’Aquillone”)
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IL PERCORSO
1
ARTE E POESIA
La nostre mani cercano fiori tra i rovi, dove timida appare l’albaspina
2
AMORE CHE VIENI AMORE CHE VAI
L’amore, un fiume che sgorga dai monti e cerca il mare
3
DONNA, MISTERO SENZA FINE
Alba e crepuscolo, enigma della creazione e della vita
4
IL VALZER DEL TEMPO
… Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito
5
VENTI DI GUERRA E ANELITI DI PACE
Non parlate di guerra a chi ha i giorni contati!
6
SORRISI E SOSPIRI
Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l’aria, ma non togliermi il sorriso
7
AL DI LÀ DELL’ARCOBALENO
La nostra luce aiuterà gli altri a vedere tra i rovi
il fresco candore delle albaspine nascenti sulle siepi
Il Laboratorio “POIESIS”
LA VOCE GUIDA
Valeria Foggia
LE VOCI RECITANTI
Lucia Balugani
Susanna Capra
Stellio Cellerino
Marzia Chiurato
Matilde Cianfoni
Massimo Maggi
Enrico Monti
Gina Morgante
Graziella Ricasoli
Maria Tallerico
Carlo Tatarelli
Maria Rosaria Vitiello
LE ATMOSFERE MUSICALI
Mimmo Di Francesco (canto e chitarra)
Marina Giuliano (canto solista)
Anselmo Nalli (sax)
IL REGISTA
Giuseppe Berretta
IL TESTO del RECITAL
1
ARTE E POESIA
Le nostre mani cercano fiori fra i rovi.
Ma le siepi sono brulle e il vento agita le vecchie foglie cadute ai ceppi delle querce.
Eppure si respira una dolce aria,
un’aria che evoca memorie d’altri tempi, frammenti che il cuore ricrea con la
magia dell’arte
L’arte trasforma i suoni in musica, la luce in colori, le parole in poesia.
Tra gli irti rovi appare l’albaspina … In cielo volano gli aquiloni, e ritorna il trillo del pettirosso …
* Il suonatore Jones
(Fabrizio De André, da E. Lee Masters)
[sax, canto e chitarra]
In un vortice di polvere
Gli altri vedevan siccità
A me ricordava
La gonna di Jenny
In un ballo di tanti anni fa
Sentivo la mia terra
Vibrare di suoni, era il mio cuore
E allora perché coltivarla ancora
Come pensarla migliore
Libertà l'ho vista dormire
Nei campi coltivati
A cielo e denaro
A cielo ed amore
Protetta da un filo spinato
Libertà l'ho vista svegliarsi
Ogni volta che ho suonato
Per un fruscio di ragazze a un ballo
Per un compagno ubriaco
E poi se la gente sa
E la gente lo sa che sai suonare
Suonare ti tocca
Per tutta la vita
E ti piace lasciarti ascoltare
Finii con i campi alle ortiche
Finii con un flauto spezzato
E un ridere rauco e ricordi tanti
E nemmeno un rimpianto
L’aquilone
(Giovanni Pascoli)
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole.
Son nate nella selva del convento
dei cappuccini, tra le morte foglie
che al ceppo delle quercie agita il vento.
Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch’erbose hanno le soglie:
un’aria d’altro luogo e d’altro mese
e d’altra vita: un’aria celestina
che regga molte bianche ali sospese...
sì, gli aquiloni! È questa una mattina
che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d’albaspina.
Le siepi erano brulle, irte; ma c’era
d’autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza
risale, prende il vento 5; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.
S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga su lo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.
S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo
petto del bimbo e l’avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brilla,
lassù lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto...
- Chi strilla? 7
Sono le voci della camerata
mia: le conosco tutte all’improvviso,
una dolce, una acuta, una velata...
A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! e te, sì, che abbandoni
su l’omero il pallor muto del viso.
Si: dissi sopra te l’orazioni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io mi rammento:
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!
Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore
ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch’io presto verrò sotto le zolle,
là dove dormi placido e soletto...
Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co’ bei capelli a onda
tua madre... adagio, per non farti male.
Cos’è la musica?
(Ludwik Jerzy Kern)
Cos’è la musica? Non lo so.
Forse semplicemente il cielo
Con le note anziché le stelle;
Forse un ponte incantato,
Sul quale gli strumenti
Ci aiutano a passare.
Tutto ha una base musicale.
Perfino il chiaro di luna.
Cos’è la musica? Non lo so.
Forse semplicemente il cielo
Con le note anziché le stelle.
Musica e poesia
(F. De André)
La
poesia è la musica dell’anima…
La musica è il cuore della poesia
I poeti, alchimisti dell’anima …
I poeti lavorano di notte
(Alda Merini)
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere iddio
ma i poeti nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.
2
AMORE CHE VIENI, AMORE CHE VAI
L’amore è un fiume che sgorga dagli
alti monti e va verso il mare
Le acque dell’amore attraversano le valli e i dirupi, si gettano dalle cascate, si aprono strade sicure, si lasciano corteggiare dal vento, si adirano nella tempesta, gorgogliano canti in primavera.
Le acque dell’amore travolgono, nutrono e lavano, nel girotondo delle stagioni.
L’amore viene, l’amore va …
* Amore che vieni, amore che vai
(Fabrizio De André)
[sax, canto e chitarra]
Quei giorni
perduti a rincorrere il vento
A chiederci un bacio e volerne altri cento
Un giorno
qualunque li ricorderai
Amore che fuggi da me tornerai
Un giorno qualunque li ricorderai
Amore che fuggi da me tornerai
E tu che con
gli occhi di un altro colore
Mi dici le stesse parole d'amore
Fra un mese fra
un anno scordate le avrai
Amore che vieni da me fuggirai
Fra un mese fra un anno scordate le avrai
Amore che vieni da me fuggirai
Venuto dal sole
o da spiagge gelate
Perduto in novembre o col vento d'estate
Io t'ho amato
sempre, non t'ho amato mai
Amore che vieni, amore che vai
Io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
Amore che vieni, amore che vai
Questo amore
(Jacques Prevert)
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato …
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura
come un bambino quando è
buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo
nel cuore della notte
…
Questo amore
Così vivo e baciato dal sole
È il tuo amore
È il mio amoe…
Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l'estate
Sia tu che io possiamo
Andare e tornare possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
…
Il nostro amore è là
Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire …
E io l'ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me
per tutti quelli che si amano:
Resta dove sei
Non andartene via
Non dimenticarci
Non abbiamo che te sulla terra
Non lasciarci morire di freddo…
Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi,
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
e salvaci.
Tramontata è la luna
(Saffo)
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte.
Anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto sto sola.
Scuote l'anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.
Ma a me non ape, non miele …
E soffro e desidero.
Mille baci …
(C. V. Catullo)
Viviamo, amor mio, ed amiamo,
e ogni mormorio
perfido dei vecchi
valga per noi la
più vile moneta.
Il giorno muore
e risorge,
ma quando morirà
il nostro breve giorno,
una notte
infinita dormiremo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene
altri mille, e quindi cento,
poi mille
continui, e ancora cento.
E quando poi
saranno mille e mille,
nasconderemo il
loro vero numero,
perché non getti
il malocchio l’invidioso
a un numero di
baci così alto.
Odio e amore
(C. V. Catullo)
Odio e amo.
Tu forse mi chiederai
come questo sia possibile.
Non so, ma è proprio così,
e mi tormento.
Il più bello dei mari
(Nazim Hikmet)
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
3
DONNA MISTERO SENZA FINE
La donna, mistero senza fine, enigma dell'amore e della vita.
La donna, alba, luce meridiana, crepuscolo.
La donna, madre e destino, esplosione di canto e di parole.
Parole che svelano il segreto custodito nel tuo grembo,
* Historia de un amor
(C.E. Almaràn))
[sax, chitarra e canto]
Ya no estás a mi lado, corazón,
En el alma sólo tengo soledad
Y si ya no puedo verte,
Por que Dios me hizo quererte
Para hacerme sufrir mas
Siempre fuiste la razón de mi existir,
Adorarte para mí fue religión.
Y en tus besos yo encontraba
El calor que me brindaba,
El amor y la pasión.
Es la historia de un amor,
Como no hay otro igual.
Que me hizo comprender,
Todo el bien todo el mal,
Que le dio luz a mi vida,
Apagandola después.
Ay, qué vida tan oscura,
Sin tu amor no viviré!
Storia di un amore
Non sei piu' accanto a me, cuore
Nell'anima ho solo solitudine
E se non posso piu ' vederti
Perche' Dio ha fatto in modo che ti volessi?
Per farmi soffrire di piu?
Sei sempre stata la ragione del mio vivere
Adoraerti e' stata la ragione del mio. vivere
E nei tuoi baci io trovavo
Il calore che mi portava
L'amore e la passione
E' la stiruia di un amor
Come non ce ne sono uguali
Che mi hai fatto capire
Tutto il bene tutto il male
Che ha dato luce alla mia vita
Spengendola dopo
E che vita buia
Senza il tuo amore non vivro'
Donna
(Massimo Maggi)
Al di là dei suoi occhi
oltre la siepe del suo sguardo
custodisce un giardino,
un segreto giardino
che l’uomo intravede soltanto.
Primo amore
(Massimo Maggi)
Era tutto colorato
il tuo vestito di seta
a primavera. Sulle spalle
s’allungavano i capelli.
Di cerbiatta avevi gli occhi.
Io indossavo
i pantaloni corti.
Emily Sparks
(E.L. Masters, dall'Antologia di Spoon River)
Dov’è quel ragazzo, il mio ragazzo,
il ragazzo che a scuola ho amato più di tutti?
Io, la maestra, vergine cuore,
che li sentiva tutti come figli propri.
Ma io lo conoscevo davvero
il mio ragazzo,
quando lo giudicavo uno spirito ardente,
attivo, mai appagato?
Oh ragazzo, ragazzo, per cui ho pregato,
pregato, in molte ore di veglia la notte,
ricordi ancora la lettera che ti scrissi
sulla bellezza dell’amore di Cristo?
Ragazzo mio,
dovunque ora tu sia,
fa in modo che tutto il fango,
tutte le tue scorie
possano fondersi nel fuoco che c’è in te,
finché il fuoco non diventi che luce!…
Nient’altro che luce!
I tuoi figli
(K. Gibran)
I
tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa
dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il
domani.
Massimo legge Pasolini
Supplica a mia madre
(Pierpaolo Pasolini)
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Quando io non ci sarò più …
(Christina Rossetti)
Quando io non ci sarò più,
amor mio,
non cantare per me tristi canzoni;
non piantare rose sulla mia fossa
nè albero ombroso di cipresso:
su di me non ci sia che l’erba verde,
pioggia e gocce di rugiada …
Ma se vorrai, ricorda
e se vorrai, dimentica.
Io non vedrò le ombre,
non sentirò la pioggia;
non udirò l’usignolo
cantare la sua pena …
E sognando in un crepuscolo
che nè sorge nè tramonta,
forse anch’io potrò ricordare
o … forse dimenticare.
La madre
(Giuseppe Ungaretti)
E il
cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In
ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai
tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo
quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

Gina legge Pascoli
La voce
(Giovanni Pascoli)
C'è una voce nella mia vita,
che avverto nel punto che muore:
voce stanca, voce smarrita,
col tremito del batticuore:
voce d'una accorsa anelante,
che al povero petto s'afferra
per dir tante cose e poi tante,
ma piena ha la bocca di terra:
tante tante cose che vuole
ch'io sappia, ricordi, sì… sì…
ma di tante tante parole
non sento che un soffio... Zvanì...
Quando avevo tanto bisogno
di pane e di compassione,
che mangiavo solo nel sogno,
svegliandomi al primo boccone;
una notte, su la spalletta
del Reno, coperta di neve,
dritto e solo, con un gran pianto
d'avere a finire così,
mi sentii d'un tratto daccanto
quel soffio di voce... Zvanì...
Oh! la terra, come è cattiva!
la terra, che amari bocconi!
Ma voleva dirmi, io capiva:
- No… no… Di' le devozïoni!
Le dicevi con me pian piano,
con sempre la voce più bassa:
la tua mano nella mia mano:
ridille! vedrai che ti passa.
Non far piangere piangere piangere
(ancora!) chi tanto soffrì!
il tuo pane, prega il tuo angelo
che te lo porti... Zvanì...
Una notte dalle lunghe ore
(nel carcere!), che all'improvviso
dissi - Avresti molto dolore,
tu, se non t'avessero ucciso,
ora, o babbo! - che il mio pensiero,
dal carcere, con un lamento,
vide il babbo nel cimitero,
le pie sorelline in convento:
e che agli uomini, la mia vita;
volevo lasciargliela lì…
risentii la voce smarrita
che disse in un soffio... Zvanì...
Oh! la terra come è cattiva!
non lascia discorrere, poi!
Ma voleva dirmi, io capiva:
- Piuttosto di'un requie per noi!
Non possiamo nel camposanto
più prendere sonno un minuto,
ché sentiamo struggersi in pianto
le bimbe che l'hanno saputo!
Oh! la vita mia che ti diedi
per loro, lasciarla vuoi qui?
qui, mio figlio? dove non vedi
chi uccise tuo padre... Zvanì...?
Quante volte sei rivenuta
nei cupi abbandoni dei cuore,
voce stanca, voce perduta,
col tremito del batticuore:
voce d'una accorsa anelante,
che ai poveri labbri si tocca
per dir tante cose e poi tante;
ma piena di terra ha la bocca:
la tua bocca! con i tuoi baci,
già tanto accorati a quei dì!
a quei dì beati e fugaci
che aveva i tuoi baci... Zvanì...
che m'addormentavano gravi
campane col placido canto,
e sul capo biondo che amavi,
sentivo un tepore di pianto!
che ti lessi negli occhi ch'erano
pieni di pianto, che sono
pieni di terra, la preghiera
di vivere e d'essere buono!
Ed allora, quasi un comando,
no, quasi un compianto, t'uscì
la parola che a quando a quando
mi dici anche adesso... Zvanì...
Lucinda Matlock
(E.L. Masters – dall'Antologia di Spoon River)
Andavo a ballare a Chandlerville, e giocavo a carte a Winchester.
Una volta ci scambiammo i cavalieri
al ritorno in carrozza sotto la luna di giugno,
e così conobbi Davis.
Ci sposammo e vivemmo insieme settant’anni,
divertendoci, lavorando, crescendo dodici figli,
Filavo, tessevo, tenevo in ordine la casa, curavo il giardino,
e alla festa andavo a zonzo per i campi, dove cantavano le allodole,
e lungo il nostro fiume, raccogliendo molte conchiglie, fiori ed erbe mediche.
A novantasei anni avevo vissuto abbastanza: ecco tutto.
E passai a un dolce riposo.
Ma cos’è questa storia di dolori e stanchezza,
scontento e speranze cadute?
Figli e figlie degeneri,
la vita è troppo forte per voi:
ci vuole vita per amare la vita!
4
IL VALZER DEL TEMPO
L’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non aver bisogno di lui.
L’amore finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla
sera, senza leggi da rispettare.
Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non
esisteva.
Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito …
Il tempo moriva e lui, l’amore, restava.
* Valzer per un amore
(F. De André)
[sax, chitarra e canto]
Quando carica d'anni e di castità
Tra i ricordi e le illusioni
Del bel tempo che non ritornerà
Troverai le mie canzoni
Nel sentirle ti meraviglierai
Che qualcuno abbia lodato
Le bellezze che allor più non avrai
E che avesti nel tempo passato
Ma non ti servirà il ricordo, non ti servirà
Che per piangere il tuo rifiuto
del mio amore che non tornerà
Ma non ti servirà più a niente, non ti servirà
Che per piangere sui tuoi occhi
che nessuno più canterà
Vola il tempo, lo sai che vola e va
Forse non ce ne accorgiamo
Ma più ancora del tempo che non ha età
Siamo noi che ce ne andiamo
E per questo ti dico amore, amor
Io t'attenderò ogni sera
Ma tu vieni non aspettare ancor
Vieni adesso finché è primavera
Il tempo passato
(Percy Bysshe Shelley)
Come il fantasma d’un amico amato
è il tempo passato:
una musica volata via, una speranza perduta per
sempre …
Erano così teneri i sogni nella notte del tempo passato.
Ogni giorno proiettava ombre davanti a sé, di gioia o di tristezza,
ma noi desideravamo
che potesse durare
quel tempo passato.
Oggi resta il rimpianto, il ricordo e la nostalgia ...
Foglie d’autunno lasciate
cadere
dal tempo passato.
Voci
(Konstantinos Kavafis)
Voci ideali e care
di quanti sono andati via da noi per sempre.
A volte esse ci parlano nei sogni
a volte le ode la mente tra i pensieri.
Col loro suono riemergono un istante
suoni della poesia che è prima della vita
come di notte una musica che lontanando muore.
La mia sera
(Giovanni Pascoli)
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.
È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.
Cogli questo piccolo fiore
(Rabindranath Tagore)
Cogli
questo piccolo fiore
e prendilo. Non indugiare!
Temo che esso appassisca
e cada nella polvere.
Onoralo con la carezza pietosa
della tua mano – e coglilo.
Temo che il giorno finisca
prima del mio risveglio.
Anche se
il colore è pallido
e tenue è il suo profumo
serviti di questo fiore
finché c’è tempo – e coglilo.
5
VENTI DI GUERRA E ANELITI DI PACE
Non parlate di guerra a chi ha i giorni contati!
La strada che sembra lunga è breve, e scarso il viatico del tempo.
Lungo il nostro cammino, lasciamo cadere semi di speranza: la tenerezza, l’amicizia, la gioia del sorriso.
Non parlate più di guerra e di alri orrori nei giorni contati.
La meta è vicina … E’ l’ora della pace!

* Yesterday
(Paul McCartney)
[Assòlo sax ]
Yesterday, all
my troubles seemed so far away,
Now it looks as though they're here to stay,
Oh I believe in yesterday.
Suddenly, I'm not half to man I used to be,
There's a shadow hanging over me.
Oh yesterday came suddenly.
Why she had to go?
I don't know she woldn't say.
I said something wrong,
Now I long for yesterday.
Yesterday, love was such an easy game to play,
Now I need a place to hide away,
Oh I believe in yesterday.
Ieri, tutti i
miei guai sembravano lontanissimi,
Adesso sembrano quasi che stiano di casa qui,
Oh io credo in ieri.
Improvvisamente, non sono l'uomo che ero,
C'è un'ombra che sta sopra di me.
Oh ieri è venuto improvvisamente.
Perche lei se ne dovuta andare?
Non so, non l'ha voluto dire.
Ho detto qualcosa di sbagliato,
Ora bramo ieri.
Ieri, l'amore era una facile partita da giocare,
Ora, ho bisogno di un posto dove nascondermi lontano da tutti,
Oh, io credo in ieri.
Enricom legge Quasimodo
Uomo del mio tempo
(Salvatore Quasimodo)
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura.
T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi».
E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
San Martino del Carso
(Giuseppe Ungaretti)
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È
il mio cuore
il paese più straziato.
Mio fratello era aviatore
(Bertolt Brecht)
Mio fratello era aviatore
Un giorno ricevette la cartolina.
Fece i bagagli, e partì,
Lungo la rotta del sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno
Di spazio. Di conquistare terre su terre,
Per noi, è un vecchio sogno.
E lo spazio che si è conquistato
È sui monti del Guadarrama.
È lungo un metro e ottanta
E di profondità uno e cinquanta…
Shemà
(Primo Levi)
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per aver detto
un sì o un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore …
Ho dipinto la pace
(Talil Sorek)
Avevo
una scatola di colori
brillanti, decisi, vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli,
e il celeste dei cieli splendenti,
e il rosa per i sogni.
Allora mi sono seduta e ho dipinto la pace.
6
SORRISI E SOSPIRI
Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l'aria, ma non togliermi il sorriso.
Nell'ora più buia, tu sgrana i tuoi sorrisi, e
se d'improvviso vedi il mio sangue, ridi, perché il tuo riso sarà per le mie
ferite fresca acqua risanatrice.
Vicino al mare, in primavera, voglio ridere
ancora della notte, del giorno, della luna,
della gente sulle strade …
Quando apro gli occhi e quando li richiudo, quando
i miei passi vanno, e quando
tornano, negami il pane, l'aria, la luce, la
primavera, ma il sorriso mai, perché ne
morirei.
* S’i’ fosse foco
(Angiolieri – De André)
[sax, chitarra e canto ]
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;
s’i’ fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutti cristïani
embrigarei;
s’i’ fosse ‘mperator,
sa’ che farei?
a tutti mozzarei lo
capo a tondo.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita,
fuggirei da lui:
similemente faria da
mi’ madre,
S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne
giovani e leggiadre:
le vecchie e laide
lasserei altrui.
Carlo legge T. More
Preghiera
(Thomas More)
Dàmmi
una buona digestione, Signore,
ma dammi anche qualcosa da digerire.
Dàmmi la salute del corpo, Signore,
ma anche il buon senso per conservarla a lungo.
Dàmmi un cuore sano, Signore,
che riconosca ciò che è buono
e mi aiuti a non lasciarmi travolgere
dalla preoccupazione
per
quella cosa ingombrante che io chiamo “Io”.
Ma soprattutto, donami il senso dell’umorismo, Signore,
la grazia di saper capire una barzelletta,
affinché io possa gustare le gioie dalla vita
e condividerle con gli altri.
Meo er poeta
(Trilussa)
Da quanno che
dà segni de pazzia,
povero Meo! Fa pena! È diventato
pallido, secco secco, allampanato,
robba che se lo vedi scappi via!
Er dottore m’ha
detto: – È ‘na mania
che nun se pò guarì: lui s’è affissato
d’esse un poeta, d’esse un letterato,
ch’è la cosa più peggio che ce sia! –
Dice ch’er gran
talento è stato quello
che j’ha scombussolato un po’ la mente
pe’ via de lo sviluppo der cervello…
Povero Meo! Se
invece d’esse matto
fosse rimasto scemo solamente,
chi sa che nome se sarebbe fatto!
L'onestà de mi' nonna
(Trilussa)
Quanno
che nonna mia pijò marito
nun fece mica come tante e tante
che doppo un po' se troveno l'amante...
Lei, in cinquant'anni, nu' l'ha mai tradito!
Dice che un giorno un vecchio impreciuttito
che je voleva fa' lo spasimante
je disse: - V'arigalo 'sto brillante
se venite a pijavvelo in un sito. -
Un'antra, ar posto suo, come succede,
j'avrebbe detto subbito: - So' pronta.
Ma nonna, ch'era onesta, nun ciagnede;
anzi je disse: - Stattene lontano... -
Tanto ch'adesso, quanno l'aricconta,
ancora ce se mozzica le mano!
Favola
(Trilussa)
Pe’ conto mio la favola più corta
è quella che se chiama Gioventù:
perché… c’era una vorta…
e adesso nun c’è più.
E la più lunga? È quella de la Vita:
la sento raccontà da che sto ar monno,
e un giorno, forse, cascherò dar sonno
prima che sia finita…
7
AL DI LÀ DELL’ARCOBALENO
Siamo come le vetrate. Brilliamo alla luce del sole, ma al calare delle tenebre si rivela la nostra vera bellezza, quella della luce che è dentro di noi, e che niente potrà oscurare.
La nostra luce aiuterà anche gli altri a vedere tra i rovi,
il fresco candore delle albaspine nascenti tra le siepi.
Perché la luce è l'ombra di Dio e nei raggi della sua luce è l'anima dell'amore.
* L’Immensità
(Caponi-Rapetti)
Io son sicuro che
per ogni goccia
per ogni goccia che cadrà
un nuovo fiore nascerà,
e su quel fiore una farfalla volerà.
Io son sicuro che
in questa grande immensità
qualcuno pensa un poco a me
e non mi scorderà.
Sì, io lo so
tutta la vita sempre solo non sarò,
un giorno troverò
un po' d'amore anche per me
per me che sono nullità
nell'immensità.
Sì, io lo so
tutta la vita sempre solo non sarò
e un giorno io saprò
d'essere un piccolo pensiero
nella più grande immensità
del suo cielo.
Aprile
(Anna Frank)
Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.
Non guardare le case o i tetti, ma il cielo.
Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere felice.
Bisogna …
(F. Garcia Lorca)
Bisogna diffondere il profumo
chiuso nelle nostre anime!
Bisogna essere canto,
luce e bontà.
Bisogna aprirsi per intero
di fronte alla notte nera,
per riempirsi di rugiada immortale!
Bisogna essere come l'albero
che è sempre in preghiera
o come l'acque del fiume
fisse all'eternita'.
Allora nell'ombra del cuore tarlato
nascerà una sorgente d'aurora
e vedremo passare una nuvola,
Dio.
Se potrò …
(F. Garcia Lorca)
Se potrò
impedire a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano.
Se potrò
alleviare il dolore di una Vita
o lenire una Pena
o aiutare un Pettirosso caduto
a rientrare nel suo nido
non avrò vissuto invano.
Io e Dio
(Piero Infante)
Ve vojo
riccontà ‘na storia strana.
Che m’è successa propio l’artra settimana.
Camminavo pe’ r vialone
davanti
alla chiesa der paese
Quanno ‘na strana voja d’entrà me prese.
Sia chiaro: non so mai stato un cristiano praticante
Ma me so sentito come se quarcuno,
Me dicesse:
– Dai entra, nu’ c’è nessuno –
Un misto de voja e paura m’aveva preso
Ma ‘na vorta dentro, restai sorpreso
La chiesa era vota, nun c’era nessuno…
La voce che ho sentito era la mia, o de quarcuno?
C’erano quattro panche
e un
vecchio crocifisso de nostro Signore.
Na voce me rispose:
– Mo’ sei entrato, nu fa lo scemo mettete
seduto!
Pensai: mo
me giro e vado via,
– Nu te ne ‘nnà. Resta … famme compagnia –
– Famo
n’altra vorta, poi mi moje chi la sente: è tardi, sarà già tutto
apparecchiato
– Avvicinate, nu fa lo scemo, ‘o so che nu sei
sposato –
Me sentivo troppo strano…
Io che nun
avevo mai pregato
Me sentivo pregà dar Signore der creato.
– Signore
dateme na prova, devo da crede
Che sete veramente Iddio che tutto vede –
– Voi na prova? Questo nu te basta? Te sei mi fijo.
E io sto
qua inchiodato pe er bene che te vojo! –
– Me viè da
piagne, me sento de scusamme.
Signore, ve prego perdonateme…
A sapello che c’eravate pe davero…
Venivo più spesso,
e ve
accennevo pure quarche cero –
– Ahahahah!
ma te pensi
che io sto solo qua dentro?
Io so sempre stato co te, nella gioia e nel tormento.
Te ricordi quanno eri piccolino, Io,
pe te ero Gesù bambino.
Prima de coricatte la sera
Me dedicavi sempre na preghiera
Era semplice quella che po’ fa
er core de
un bambino,
Me facevi piagne
e con le
mie lacrime te bagnavo er cuscino
Poi anni de silenzio… te s’è indurito er core
Proprio verso de me,
che t’ho
fatto co tanto amore.
Te gridavo fijo mio sto qua,
Arza l’occhi guarda tuo papà!
Ma te niente… guardavi pe tera
E te ostinavi a famme la guera.
Poi quanno tu padre stava male
E te già pensavi ar funerale
… nelle ultime ore T’è scappata na preghiera:
“Te affido
ar core der Creatore”
Ecco perché t’ho chiamato,
Pe ditte quanto me sei mancato –
Ho
cominciato a piagne dalla gioia e dar dolore…
Ho scoperto de esse amato dar Signore…
Questa è na storiella
che nun ‘ha
niente da insegnà,
Solo che in cielo c’è un Dio che piagne
se lo chiami papà!
(Violeta Parra)
[canto e chitarra]
Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me dio dos luceros, que cuando los abro,
Perfecto distingo lo negro del blanco
Y en el alto cielo su fondo estrellado
Y en las multitudes el hombre que yo amo.
Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado el oido que en todo su ancho
Graba noche y dia, grillos y canarios,
Martillos, turbinas, ladridos, chubascos,
Y la voz tan tierna de mi bien amado.
Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado el sonido y el abecedario;
Con el las palabras que pienso y declaro:
Madre, amigo, hermano, y luz alumbrando
La ruta del alma del que estoy amando.
Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado la marcha de mis pies cansados;
Con ellos anduve ciudades y charcos,
Playas y desiertos, montanas y llanos,
Y la casa tuya, tu calle y tu patio.
Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me dio el corazon que agita su marco
Cuando miro el fruto del cerebro humano,
Cuando miro al bueno tan lejos del malo,
Cuando miro al fondo de tus ojos claros.
Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado la risa y me ha dado el llanto
Asi yo distingo dicha de quebranto,
Los dos materiales que forman mi canto,
Y el canto de ustedes que es mi mismo canto,
Y el canto de todos que es mi propio canto
Gracias a la vida que me ha dado tanto.
Grazie alla vita
Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
Mi ha dato due occhi che quando li apro
Chiaramente vedo il nero e il bianco,
Chiaramente vedo il cielo alto brillare al fondo,
Nella moltitudine l'uomo che amo.
Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
Mi ha dato l'udito così certo e chiaro
Sento notti e giorni grilli e canarini
Turbini martelli e lunghi pianti di cani
E la voce tenera del mio amato
Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
Mi ha dato il passo dei miei piedi stanchi
Con loro ho attraversato città e pozze di fango
Lunghe spiagge vuote valli e poi alte montagne
E la tua casa la tua strada Il tuo cortile
Grazie alla vita che mi ha dato tanto,
Del mio cuore in petto il battito chiaro
Quando guardo il frutto della mente umana
Quando vedo la distanza tra il bene e il male
Quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari
Grazie alla vita che mi ha dato tanto
Mi ha dato il sorriso e mi ha dato il pianto
Così io distinguo la buona o brutta sorte
Così le sensazioni che fanno Il mio canto
Grazie alla vita che mi ha dato tanto