Recital poetico-musicale 2024



… È questa una mattina

che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera

tra le siepi di rovo e d'albaspina.

 

Le siepi erano brulle, irte; ma c'era

d'autunno ancora qualche mazzo rosso

di bacche, e qualche fior di primavera

 

bianco; e sui rami nudi il pettirosso

saltava, e la lucertola il capino

mostrava tra le foglie aspre del fosso.

 (G. Pascoli, “L’Aquillone”)


 
  Valeria, la voce guida
 

 IL PERCORSO

  1

ARTE E POESIA

La nostre mani cercano fiori tra i rovi, dove timida appare l’albaspina

2

AMORE CHE VIENI AMORE CHE VAI

L’amore, un fiume che  sgorga dai monti e cerca il mare

 3

DONNA, MISTERO SENZA FINE

Alba e crepuscolo, enigma della creazione e della vita

 4

IL VALZER DEL TEMPO

… Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito

 5

VENTI DI GUERRA E ANELITI DI PACE

Non parlate di guerra a chi ha i giorni contati!

 6

SORRISI E SOSPIRI

Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l’aria, ma non togliermi il sorriso

 7

AL DI LÀ DELL’ARCOBALENO

La nostra luce aiuterà gli altri a vedere tra i rovi

il fresco candore delle albaspine nascenti sulle siepi

 

 Il   Laboratorio  “POIESIS”

                                                     LA VOCE GUIDA

                                      Valeria Foggia

                                 LE VOCI RECITANTI

                                Lucia Balugani

                                Susanna Capra

                                Stellio Cellerino

                                Marzia Chiurato  

                                Matilde Cianfoni

                                Massimo Maggi

                                Enrico Monti

                                Gina Morgante

                                Graziella Ricasoli

                                Maria Tallerico

                                Carlo Tatarelli

                                Maria Rosaria Vitiello

                              LE ATMOSFERE MUSICALI

                                      Mimmo Di Francesco  (canto e chitarra)

                                      Marina Giuliano  (canto solista)

                                      Anselmo Nalli  (sax)

                                IL REGISTA

                                      Giuseppe Berretta

 

 IL TESTO del RECITAL

 

  1

ARTE E POESIA

 Le nostre mani cercano fiori fra i rovi.

Ma le siepi sono brulle e il vento agita le vecchie foglie cadute ai ceppi delle querce.

Eppure si respira una dolce aria, un’aria che evoca memorie d’altri tempi, frammenti che il cuore ricrea con la magia dell’arte

L’arte trasforma i suoni  in musica, la luce in colori, le parole in poesia.

Tra gli irti rovi appare l’albaspina …  In cielo volano gli aquiloni, e ritorna il trillo del pettirosso 

 

 *  Il suonatore Jones

(Fabrizio De André, da E. Lee Masters)

[sax,  canto e chitarra]

 

 In un vortice di polvere
Gli altri vedevan siccità
A me ricordava
La gonna di Jenny
In un ballo di tanti anni fa

Sentivo la mia terra
Vibrare di suoni, era il mio cuore
E allora perché coltivarla ancora
Come pensarla migliore

 Libertà l'ho vista dormire
Nei campi coltivati
A cielo e denaro
A cielo ed amore
Protetta da un filo spinato

Libertà l'ho vista svegliarsi
Ogni volta che ho suonato
Per un fruscio di ragazze a un ballo
Per un compagno ubriaco

 E poi se la gente sa
E la gente lo sa che sai suonare
Suonare ti tocca
Per tutta la vita
E ti piace lasciarti ascoltare

Finii con i campi alle ortiche
Finii con un flauto spezzato
E un ridere rauco e ricordi tanti
E nemmeno un rimpianto

 

 
 Stellio  legge Pascoli

 L’aquilone

(Giovanni Pascoli)

 

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,

anzi d’antico: io vivo altrove, e sento

che sono intorno nate le viole.

 

Son nate nella selva del convento

dei cappuccini, tra le morte foglie

che al ceppo delle quercie agita il vento.

 

Si respira una dolce aria che scioglie

le dure zolle, e visita le chiese

di campagna, ch’erbose hanno le soglie:

 

un’aria d’altro luogo e d’altro mese

e d’altra vita: un’aria celestina

che regga molte bianche ali sospese...

 

sì, gli aquiloni! È questa una mattina

che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera

tra le siepi di rovo e d’albaspina.

 

Le siepi erano brulle, irte; ma c’era

d’autunno ancora qualche mazzo rosso

di bacche, e qualche fior di primavera

 

bianco; e sui rami nudi il pettirosso

saltava e la lucertola il capino

mostrava tra le foglie aspre del fosso.

 

Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino

ventoso: ognuno manda da una balza

la sua cometa per il ciel turchino.

 

Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza

risale, prende il vento 5; ecco pian piano

tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.

 

S’inalza; e ruba il filo dalla mano,

come un fiore che fugga su lo stelo

esile, e vada a rifiorir lontano.

 

S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo

petto del bimbo e l’avida pupilla

e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.

 

Più su, più su: già come un punto brilla,

lassù lassù... Ma ecco una ventata

di sbieco, ecco uno strillo alto...

- Chi strilla? 7

 

Sono le voci della camerata

mia: le conosco tutte all’improvviso,

una dolce, una acuta, una velata...

 

A uno a uno tutti vi ravviso,

o miei compagni! e te, sì, che abbandoni

su l’omero il pallor muto del viso.

 

Si: dissi sopra te l’orazioni,

e piansi: eppur, felice te che al vento

non vedesti cader che gli aquiloni!

 

Tu eri tutto bianco, io mi rammento:

solo avevi del rosso nei ginocchi,

per quel nostro pregar sul pavimento.

 

Oh! te felice che chiudesti gli occhi

persuaso, stringendoti sul cuore

il più caro dei tuoi cari balocchi!

 

Oh! dolcemente, so ben io, si muore

la sua stringendo fanciullezza al petto,

come i candidi suoi pètali un fiore

 

ancora in boccia! O morto giovinetto,

anch’io presto verrò sotto le zolle,

là dove dormi placido e soletto...

 

Meglio venirci ansante, roseo, molle

di sudor, come dopo una gioconda

corsa di gara per salire un colle!

 

Meglio venirci con la testa bionda,

che poi che fredda giacque sul guanciale,

ti pettinò co’ bei capelli a onda

 tua madre... adagio, per non farti male.


 

 

Cos’è la musica?

 

(Ludwik Jerzy Kern)

 

 

Cos’è la musica? Non lo so.

Forse semplicemente il cielo

Con le note anziché le stelle;

 

Forse un ponte incantato,

Sul quale gli strumenti

Ci aiutano a passare.

 

Tutto ha una base musicale.

Perfino il chiaro di luna.

 

Cos’è la musica? Non lo so.

Forse semplicemente il cielo

Con le note anziché le stelle.

 

 

Musica e poesia

 

(F. De André)

 La poesia è la musica dell’anima…
La musica è il cuore della poesia

I poeti, alchimisti dell’anima …

 


  I poeti lavorano di notte

(Alda Merini)

 I poeti lavorano di notte

quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere iddio
ma i poeti nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.


2

AMORE CHE VIENI, AMORE CHE VAI

 L’amore è un fiume che sgorga dagli alti monti e va verso il mare

Le acque dell’amore attraversano le valli e i dirupi, si gettano dalle cascate, si aprono strade sicure, si lasciano corteggiare dal vento, si adirano nella tempesta, gorgogliano canti in primavera.

Le acque dell’amore travolgono, nutrono e lavano, nel girotondo delle stagioni.

L’amore viene, l’amore va …

 

* Amore che vieni, amore che vai

(Fabrizio De André)

[sax,  canto e chitarra]

 Quei giorni perduti a rincorrere il vento
A chiederci un bacio e volerne altri cento

Un giorno qualunque li ricorderai
Amore che fuggi da me tornerai
Un giorno qualunque li ricorderai
Amore che fuggi da me tornerai

E tu che con gli occhi di un altro colore
Mi dici le stesse parole d'amore

Fra un mese fra un anno scordate le avrai
Amore che vieni da me fuggirai
Fra un mese fra un anno scordate le avrai
Amore che vieni da me fuggirai

Venuto dal sole o da spiagge gelate
Perduto in novembre o col vento d'estate

Io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
Amore che vieni, amore che vai
Io t'ho amato sempre, non t'ho amato mai
Amore che vieni, amore che vai

 

 
 Marzia  legge Prevert
  

Questo amore

(Jacques Prevert)


Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato …
Questo amore
Bello come il giorno
Cattivo come il tempo

Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gioioso
Così irrisorio
Tremante di paura

come un bambino quando è buio
Così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo

nel cuore della notte

Questo amore
Così vivo e baciato dal sole
È il tuo amore
È il mio amoe…

Questa cosa sempre nuova
Che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda viva come l'estate

Sia tu che io possiamo
Andare e tornare possiamo
Dimenticare
E poi riaddormentarci
Svegliarci soffrire invecchiare
 

Il nostro amore è là

Il nostro amore non si muove
Testardo come un mulo
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Stupido come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino

Ci guarda sorridendo
Ci parla senza dire …
E io l'ascolto tremando
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me

per tutti quelli che si amano:

Resta dove sei
Non andartene via
Non dimenticarci
Non abbiamo che te sulla terra
Non lasciarci morire di freddo…

Lontano sempre più lontano
Dove tu vuoi,
Più tardi, più tardi, di notte
Nella foresta del ricordo
Sorgi improvviso
Tendici la mano
e salvaci.

 

Tramontata è la luna

(Saffo)

Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte.
Anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto sto sola.

 

Scuote l'anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.

 

Ma a me non ape, non miele …
E soffro e desidero.

 

Mille baci …

 

(C. V. Catullo)

 

Viviamo, amor mio, ed amiamo,
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.
Il giorno muore e risorge,
ma quando morirà il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.

Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
poi mille continui, e ancora cento.
E quando poi saranno mille e mille,
nasconderemo il loro vero numero,
perché non getti il malocchio l’invidioso
a un numero di baci così alto.

  

 
 Lucia  legge  Catullo

Odio e amore

 

(C. V. Catullo)

 

Odio e amo.

Tu forse mi chiederai

come questo sia possibile.

 

Non so, ma è proprio così,

e mi tormento.



Il più bello dei mari

(Nazim Hikmet)

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.

Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.

I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.

E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

 

3

DONNA MISTERO SENZA FINE

 La donna, mistero senza fine, enigma dell'amore e della vita.

La donna, alba, luce meridiana, crepuscolo.

La donna, madre e destino, esplosione di canto e di parole.

 Parole che svelano il segreto custodito nel tuo grembo,

dove continua a fiorire nel tempo la creazione divina.

 

*  Historia de un amor

(C.E. Almaràn))

[sax,  chitarra e canto]

 

 Ya no estás a mi lado, corazón,
En el alma sólo tengo soledad
Y si ya no puedo verte,
Por que Dios me hizo quererte
Para hacerme sufrir mas
Siempre fuiste la razón de mi existir,
Adorarte para mí fue religión.
Y en tus besos yo encontraba
El calor que me brindaba,
El amor y la pasión.
Es la historia de un amor,
Como no hay otro igual.
Que me hizo comprender,
Todo el bien todo el mal,
Que le dio luz a mi vida,
Apagandola después.
Ay, qué vida tan oscura,
Sin tu amor no viviré!

 

Storia di un amore

Non sei piu' accanto a me, cuore

Nell'anima ho solo solitudine

E se non posso piu ' vederti

Perche' Dio ha fatto in modo che ti volessi?

Per farmi soffrire di piu?

Sei sempre stata la ragione del mio vivere

Adoraerti e' stata la ragione del mio. vivere

E nei tuoi baci io trovavo

Il calore che mi portava

L'amore e la passione

E' la stiruia di un amor

Come non ce ne sono uguali

Che mi hai fatto capire

Tutto il bene tutto il male

Che ha dato  luce alla mia vita

Spengendola dopo

E che vita buia

Senza il tuo amore non vivro'


Donna

 

(Massimo Maggi)

 

Al di là dei suoi occhi

oltre la siepe del suo sguardo

custodisce un giardino,

un segreto giardino

che l’uomo intravede soltanto.

 

 

Primo amore

 

  (Massimo Maggi)

 

 Era tutto colorato

il tuo vestito di seta

a primavera. Sulle spalle

s’allungavano i capelli.

Di cerbiatta avevi gli occhi.

Io indossavo

i pantaloni corti.

 

 

Emily Sparks

 

(E.L. Masters, dall'Antologia di Spoon River)


 Dov’è quel ragazzo, il mio ragazzo,
il ragazzo che a scuola ho amato più di tutti?

Io, la maestra, vergine cuore,
che li sentiva tutti come figli propri.

Ma io lo conoscevo davvero

il mio ragazzo,
quando lo giudicavo uno spirito ardente,
attivo, mai appagato?

Oh ragazzo, ragazzo, per cui ho pregato,

pregato, in molte ore di veglia la notte,
ricordi ancora la lettera che ti scrissi

sulla bellezza dell’amore di Cristo?

Ragazzo mio,
dovunque ora tu sia,
fa in modo che tutto il fango,

tutte le tue scorie
possano fondersi nel fuoco che c’è in te,
finché il fuoco non diventi che luce!…
Nient’altro che luce!

 

I tuoi figli

(K. Gibran)

I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.

 

Massimo  legge Pasolini

 

Supplica a mia madre

(Pierpaolo Pasolini)

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso

alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

 

Quando io non ci sarò più …

(Christina Rossetti)

Quando io non ci sarò più, amor mio,
non cantare per me tristi canzoni;
non piantare rose sulla mia fossa
nè albero ombroso di cipresso:
su di me non ci sia che l’erba verde,
pioggia e gocce di rugiada …

Ma se vorrai, ricorda
e se vorrai, dimentica.

Io non vedrò le ombre,
non sentirò la pioggia;
non udirò l’usignolo
cantare la sua pena …

E sognando in un crepuscolo
che nè sorge nè tramonta,
forse anch’io potrò ricordare
o … forse dimenticare.

 

La madre

(Giuseppe Ungaretti)

 

E il cuore quando d’un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d’ombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.

 

 Gina  legge Pascoli

 

La voce

(Giovanni Pascoli)

 C'è una voce nella mia vita,
che avverto nel punto che muore:
voce stanca, voce smarrita,
col tremito del batticuore:

voce d'una accorsa anelante,
che al povero petto s'afferra
per dir tante cose e poi tante,
ma piena ha la bocca di terra:

tante tante cose che vuole
ch'io sappia, ricordi, sì… sì…
ma di tante tante parole
non sento che un soffio... Zvanì...

 

Quando avevo tanto bisogno
di pane e di compassione,
che mangiavo solo nel sogno,
svegliandomi al primo boccone;

una notte, su la spalletta
del Reno, coperta di neve,
dritto e solo, con un gran pianto
d'avere a finire così,
mi sentii d'un tratto daccanto
quel soffio di voce... Zvanì...

 

Oh! la terra, come è cattiva!
la terra, che amari bocconi!
Ma voleva dirmi, io capiva:
- No… no… Di' le devozïoni!

Le dicevi con me pian piano,
con sempre la voce più bassa:
la tua mano nella mia mano:
ridille! vedrai che ti passa.

Non far piangere piangere piangere
(ancora!) chi tanto soffrì!
il tuo pane, prega il tuo angelo
che te lo porti... Zvanì...

 

Una notte dalle lunghe ore
(nel carcere!), che all'improvviso
dissi - Avresti molto dolore,
tu, se non t'avessero ucciso,

ora, o babbo! - che il mio pensiero,
dal carcere, con un lamento,
vide il babbo nel cimitero,
le pie sorelline in convento:

e che agli uomini, la mia vita;
volevo lasciargliela lì…
risentii la voce smarrita
che disse in un soffio... Zvanì...

 

Oh! la terra come è cattiva!
non lascia discorrere, poi!
Ma voleva dirmi, io capiva:
- Piuttosto di'un requie per noi!

Non possiamo nel camposanto
più prendere sonno un minuto,
ché sentiamo struggersi in pianto
le bimbe che l'hanno saputo!

Oh! la vita mia che ti diedi
per loro, lasciarla vuoi qui?
qui, mio figlio? dove non vedi
chi uccise tuo padre... Zvanì...?

 

Quante volte sei rivenuta
nei cupi abbandoni dei cuore,
voce stanca, voce perduta,
col tremito del batticuore:

voce d'una accorsa anelante,
che ai poveri labbri si tocca
per dir tante cose e poi tante;
ma piena di terra ha la bocca:

la tua bocca! con i tuoi baci,
già tanto accorati a quei dì!
a quei dì beati e fugaci
che aveva i tuoi baci... Zvanì...

 

che m'addormentavano gravi
campane col placido canto,
e sul capo biondo che amavi,
sentivo un tepore di pianto!

che ti lessi negli occhi ch'erano
pieni di pianto, che sono
pieni di terra, la preghiera
di vivere e d'essere buono!

 

Ed allora, quasi un comando,
no, quasi un compianto, t'uscì
la parola che a quando a quando
mi dici anche adesso... Zvanì...

 

 

 
 Graziella  legge  Masters
 
 

Lucinda Matlock

 

(E.L. Masters – dall'Antologia di Spoon River)

 

Andavo a ballare a Chandlerville, e giocavo a carte a Winchester.

Una volta ci scambiammo i cavalieri

al ritorno in carrozza sotto la luna di giugno,

e così conobbi Davis.

Ci sposammo e vivemmo insieme settant’anni,

divertendoci, lavorando, crescendo dodici figli,

Filavo, tessevo, tenevo in ordine la casa, curavo il giardino,

e alla festa andavo a zonzo per i campi, dove cantavano le allodole,

e lungo il nostro fiume, raccogliendo molte conchiglie, fiori ed erbe mediche.

 

A novantasei anni avevo vissuto abbastanza: ecco tutto.

E passai a un dolce riposo.

Ma  cos’è questa storia di dolori e stanchezza,

scontento e speranze cadute?

Figli e figlie degeneri,

la vita è troppo forte per voi:

ci vuole vita per amare la vita!

 

 

4

IL VALZER DEL TEMPO

 

L’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non aver bisogno di lui.


L’amore finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare.
Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva.


Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito …

Il tempo moriva e lui, l’amore, restava.

 

* Valzer per un amore

(F. De André)

[sax,  chitarra e canto]

Quando carica d'anni e di castità
Tra i ricordi e le illusioni
Del bel tempo che non ritornerà
Troverai le mie canzoni
Nel sentirle ti meraviglierai
Che qualcuno abbia lodato
Le bellezze che allor più non avrai
E che avesti nel tempo passato

Ma non ti servirà il ricordo, non ti servirà
Che per piangere il tuo rifiuto

del mio amore che non tornerà
Ma non ti servirà più a niente, non ti servirà
Che per piangere sui tuoi occhi

che nessuno più canterà

 Vola il tempo, lo sai che vola e va
Forse non ce ne accorgiamo
Ma più ancora del tempo che non ha età
Siamo noi che ce ne andiamo

E per questo ti dico amore, amor
Io t'attenderò ogni sera
Ma tu vieni non aspettare ancor
Vieni adesso finché è primavera

 

 Il tempo passato

(Percy Bysshe Shelley)


Come il fantasma d’un amico amato
è il tempo passato:
una musica volata via, una speranza perduta per sempre …

Erano così teneri i sogni nella notte del tempo passato.

Ogni giorno proiettava ombre davanti a sé, di gioia o di tristezza,
ma noi desideravamo
che potesse durare
quel tempo passato.

Oggi resta il rimpianto, il ricordo e la nostalgia ... 

Foglie d’autunno lasciate cadere
dal tempo passato.


Voci

(Konstantinos Kavafis)

 Voci ideali e care 

di quanti sono andati via da noi per sempre.

 A volte esse ci parlano nei sogni

a volte le ode la mente tra i pensieri.

 

Col loro suono riemergono un istante

suoni della poesia che è prima della vita

come di notte una musica che lontanando muore.

 

La mia sera

(Giovanni Pascoli)

Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!

Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.

È, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.

O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.

Che voli di rondini intorno!
che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!

Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.

 

 

Cogli questo piccolo fiore

(Rabindranath Tagore)

Cogli questo piccolo fiore
e prendilo. Non indugiare!
Temo che esso appassisca
e cada nella polvere.

Onoralo con la carezza pietosa
della tua mano – e coglilo.
Temo che il giorno finisca
prima del mio risveglio.

Anche se il colore è pallido
e tenue è il suo profumo
serviti di questo fiore
finché c’è tempo – e coglilo.

 

 

5

VENTI DI GUERRA E ANELITI DI PACE

 

Non parlate di guerra a chi ha i giorni contati!

 

La strada che sembra lunga è breve, e scarso il viatico del tempo.

Lungo il nostro cammino, lasciamo cadere  semi di speranza: la tenerezza, l’amicizia, la gioia del sorriso.

 

Non parlate più di guerra e di alri orrori nei giorni contati.

 

La meta è vicina … E’ l’ora della pace!

 

 

 
 Anselmo  suona Mc Cartney

 

 

* Yesterday

 

(Paul McCartney)

 

[Assòlo sax ]

 


Yesterday, all my troubles seemed so far away,
Now it looks as though they're here to stay,
Oh I believe in yesterday.
Suddenly, I'm not half to man I used to be,
There's a shadow hanging over me.
Oh yesterday came suddenly.
Why she had to go?
I don't know she woldn't say.
I said something wrong,
Now I long for yesterday.
Yesterday, love was such an easy game to play,
Now I need a place to hide away,
Oh I believe in yesterday.

 

Ieri, tutti i miei guai sembravano lontanissimi,
Adesso sembrano quasi che stiano di casa qui,
Oh io credo in ieri.
Improvvisamente, non sono l'uomo che ero,
C'è un'ombra che sta sopra di me.
Oh ieri è venuto improvvisamente.
Perche lei se ne dovuta andare?
Non so, non l'ha voluto dire.
Ho detto qualcosa di sbagliato,
Ora bramo ieri.
Ieri, l'amore era una facile partita da giocare,
Ora, ho bisogno di un posto dove nascondermi lontano da tutti,
Oh, io credo in ieri.


 

Enricom  legge  Quasimodo

 

 

 Uomo del mio tempo

(Salvatore Quasimodo)


Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura.

T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi».

E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata

 Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

 

 San Martino del Carso

 

(Giuseppe Ungaretti)

 

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato.

 

 
 Matilde  legge Brecht

Mio fratello era aviatore

(Bertolt Brecht)

Mio fratello era aviatore
Un giorno ricevette la cartolina.
Fece i bagagli, e partì,
Lungo la rotta del sud.

Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno
Di spazio. Di conquistare terre su terre,
Per noi, è un vecchio sogno.

E lo spazio che si è conquistato
È sui monti del Guadarrama.
È lungo un metro e ottanta
E di profondità uno e cinquanta…

  

  Shemà

(Primo Levi)

 

Voi che vivete sicuri

nelle vostre tiepide case,

voi che trovate tornando a sera

il cibo caldo e visi amici:

considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango

che non conosce pace

che lotta per mezzo pane

che muore per aver detto

un sì o un no.

 

 Considerate se questa è una donna,

senza capelli e senza nome

senza più forza di ricordare

vuoti gli occhi e freddo il grembo

come una rana d'inverno.

 

Meditate queste parole.

Scolpitele nel vostro cuore …

 

 

 
Maria Rosaria, legge  Sorek

 

 Ho dipinto la pace

 

(Talil Sorek)

 Avevo una scatola di colori
brillanti, decisi, vivi.
Avevo una scatola di colori,
alcuni caldi, altri molto freddi.
Non avevo il rosso
per il sangue dei feriti.
Non avevo il nero
per il pianto degli orfani.
Non avevo il bianco
per le mani e il volto dei morti.
Non avevo il giallo
per la sabbia ardente,
ma avevo l’arancio
per la gioia della vita,
e il verde per i germogli,
e il celeste dei cieli splendenti,
e il rosa per i sogni.

Allora mi sono seduta e ho dipinto la pace.


 

6

SORRISI E SOSPIRI

 

Toglimi il pane, se vuoi, toglimi l'aria, ma non togliermi il sorriso.


Nell'ora più buia, tu sgrana i tuoi sorrisi, e se d'improvviso vedi il mio sangue, ridi, perché il tuo riso sarà per le mie ferite fresca acqua risanatrice.


Vicino al mare, in primavera, voglio ridere ancora della notte, del giorno, della luna,

della gente sulle strade …


Quando apro gli occhi e quando li richiudo, quando i miei passi vanno, e quando
tornano, negami il pane, l'aria, la luce, la primavera, ma il sorriso mai,  perché ne morirei.

 

 

 
 Mimmo  suona e canta De André

*  S’i’ fosse foco

(Angiolieri – De André)

[sax,  chitarra e canto ]

 



S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;

 s’i’ fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutti cristïani embrigarei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
a tutti mozzarei lo capo a tondo.

 S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente faria da mi’ madre,

 S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le vecchie e laide lasserei altrui.

 

 


 Carlo  legge  T. More


 

 

Preghiera

 

(Thomas More)

 

Dàmmi una buona digestione, Signore,
ma dammi anche qualcosa da digerire.
Dàmmi la salute del corpo, Signore,
ma anche il buon senso per conservarla a lungo.
Dàmmi un cuore sano, Signore,
che riconosca ciò che è buono
e mi aiuti a non lasciarmi travolgere
dalla preoccupazione

per quella cosa ingombrante che io chiamo “Io”.
Ma soprattutto, donami il senso dell’umorismo, Signore,
la grazia di saper capire una barzelletta,
affinché io possa gustare le gioie dalla vita
e condividerle con gli altri.

 

 

Meo er poeta

(Trilussa)

 Da quanno che dà segni de pazzia,
povero Meo! Fa pena! È diventato
pallido, secco secco, allampanato,
robba che se lo vedi scappi via!

Er dottore m’ha detto: – È ‘na mania
che nun se pò guarì: lui s’è affissato
d’esse un poeta, d’esse un letterato,
ch’è la cosa più peggio che ce sia! –

Dice ch’er gran talento è stato quello
che j’ha scombussolato un po’ la mente
pe’ via de lo sviluppo der cervello…

Povero Meo! Se invece d’esse matto
fosse rimasto scemo solamente,
chi sa che nome se sarebbe fatto!


 Susanna  legge Trilussa


L'onestà de mi' nonna

 

(Trilussa)

Quanno che nonna mia pijò marito
nun fece mica come tante e tante
che doppo un po' se troveno l'amante...
Lei, in cinquant'anni, nu' l'ha mai tradito!

Dice che un giorno un vecchio impreciuttito
che je voleva fa' lo spasimante
je disse: - V'arigalo 'sto brillante
se venite a pijavvelo in un sito. -

Un'antra, ar posto suo, come succede,
j'avrebbe detto subbito: - So' pronta.
Ma nonna, ch'era onesta, nun ciagnede;

anzi je disse: - Stattene lontano... -
Tanto ch'adesso, quanno l'aricconta,
ancora ce se mozzica le mano!

 

 Favola

(Trilussa)

 

Pe’ conto mio la favola più corta
è quella che se chiama Gioventù:
perché… c’era una vorta…
e adesso nun c’è più.

 

E la più lunga? È quella de la Vita:
la sento raccontà da che sto ar monno,
e un giorno, forse, cascherò dar sonno
prima che sia finita…

  

7

AL DI LÀ DELL’ARCOBALENO

  Siamo come le vetrate. Brilliamo  alla luce del sole, ma al calare delle tenebre si rivela la nostra vera bellezza, quella della luce che è dentro di noi, e che  niente potrà oscurare.

 La nostra luce aiuterà anche gli altri a vedere tra i rovi,

il fresco candore delle albaspine nascenti tra le siepi.

 Perché la luce è l'ombra di Dio e nei raggi della sua luce è l'anima dell'amore.

 

 * L’Immensità

(Caponi-Rapetti)

 

 Io son sicuro che
per ogni goccia
per ogni goccia che cadrà
un nuovo fiore nascerà,
e su quel fiore una farfalla volerà.

Io son sicuro che

in questa grande immensità
qualcuno pensa un poco a me
e non mi scorderà.

Sì, io lo so
tutta la vita sempre solo non sarò,
un giorno troverò
un po' d'amore anche per me
per me che sono nullità
nell'immensità.

Sì, io lo so
tutta la vita sempre solo non sarò
e un giorno io saprò
d'essere un piccolo pensiero
nella più grande immensità
del suo cielo. 


 
Maria  legge  A.Frank e G.Lorca

   Aprile

(Anna Frank)

  Prova anche tu,
una volta che ti senti solo
o infelice o triste,
a guardare fuori dalla soffitta
quando il tempo è così bello.

Non guardare le case o i tetti, ma il cielo.

Finché potrai guardare
il cielo senza timori,
sarai sicuro
di essere puro dentro
e tornerai
ad essere felice.

 

 Bisogna …

 (F. Garcia Lorca)

 

   Bisogna diffondere il profumo

chiuso nelle nostre anime!

Bisogna essere canto,

luce e bontà.

 

Bisogna aprirsi per intero

di fronte alla notte nera,

per riempirsi di rugiada immortale!

 

Bisogna essere come l'albero

che è sempre in preghiera

o come l'acque del fiume

fisse all'eternita'.

 

Allora nell'ombra del cuore tarlato

nascerà una sorgente d'aurora

e vedremo passare una nuvola,

Dio.

 

 

Se potrò …

 

(F. Garcia Lorca)

  Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano.

Se potrò alleviare il dolore di una Vita
o lenire una Pena
o aiutare un Pettirosso caduto
a rientrare nel suo nido
non avrò vissuto invano.


Io e Dio

 

(Piero Infante)


 Ve vojo riccontà ‘na storia strana.
Che m’è successa propio l’artra settimana.

Camminavo pe’ r vialone

davanti alla chiesa der paese
Quanno ‘na strana voja d’entrà me prese.
Sia chiaro: non so mai stato un cristiano praticante
Ma me so sentito come se quarcuno,
Me dicesse:

 

  Dai entra, nu’ c’è nessuno –


Un misto de voja e paura m’aveva preso
Ma ‘na vorta dentro, restai sorpreso
La chiesa era vota, nun c’era nessuno…
La voce che ho sentito era la mia, o de quarcuno?
C’erano quattro panche

e un vecchio crocifisso de nostro Signore.
Na voce me rispose:

 

  Mo’ sei entrato, nu fa lo scemo mettete seduto!

Pensai: mo me giro e vado via,

  Nu te ne ‘nnà. Resta … famme compagnia –

– Famo n’altra vorta, poi mi moje chi la sente: è tardi, sarà già tutto apparecchiato 

  Avvicinate, nu fa lo scemo, ‘o so che nu sei sposato –

Me sentivo troppo strano…

Io che nun avevo mai pregato
Me sentivo pregà dar Signore der creato.

– Signore dateme na prova, devo da crede
Che sete veramente Iddio che tutto vede –

  Voi na prova? Questo nu te basta? Te sei mi fijo.

E io sto qua inchiodato pe er bene che te vojo! –

– Me viè da piagne, me sento de scusamme.
Signore, ve prego perdonateme…

A sapello che c’eravate pe davero…

Venivo più spesso,

e ve accennevo pure quarche cero –

   Ahahahah!

ma te pensi che io sto solo qua dentro?
Io so sempre stato co te, nella gioia e nel tormento.
Te ricordi quanno eri piccolino, Io,
pe te ero Gesù bambino.
Prima de coricatte la sera
Me dedicavi sempre na preghiera
Era semplice quella che po’ fa

er core de un bambino,
Me facevi piagne

e con le mie lacrime te bagnavo er cuscino
Poi anni de silenzio… te s’è indurito er core
Proprio verso de me,

che t’ho fatto co tanto amore.
Te gridavo fijo mio sto qua,
Arza l’occhi guarda tuo papà!
Ma te niente… guardavi pe tera
E te ostinavi a famme la guera.
Poi quanno tu padre stava male
E te già pensavi ar funerale
… nelle ultime ore T’è scappata na preghiera:

“Te affido ar core der Creatore”
Ecco perché t’ho chiamato,
Pe ditte quanto me sei mancato –

Ho cominciato a piagne dalla gioia e dar dolore…
Ho scoperto de esse amato dar Signore…

 

Questa è na storiella

che nun ‘ha niente da insegnà,
Solo che in cielo c’è un Dio che piagne

se lo chiami papà!


 


Marina  canta  V. Parra

 

 *  Gracias a la Vida

(Violeta Parra)

[canto e chitarra]


 Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me dio dos luceros, que cuando los abro,
Perfecto distingo lo negro del blanco
Y en el alto cielo su fondo estrellado
Y en las multitudes el hombre que yo amo.

 

Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado el oido que en todo su ancho
Graba noche y dia, grillos y canarios,
Martillos, turbinas, ladridos, chubascos,
Y la voz tan tierna de mi bien amado.

 

Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado el sonido y el abecedario;
Con el las palabras que pienso y declaro:
Madre, amigo, hermano, y luz alumbrando
La ruta del alma del que estoy amando.

 

Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado la marcha de mis pies cansados;
Con ellos anduve ciudades y charcos,
Playas y desiertos, montanas y llanos,
Y la casa tuya, tu calle y tu patio.

 

Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me dio el corazon que agita su marco
Cuando miro el fruto del cerebro humano,
Cuando miro al bueno tan lejos del malo,
Cuando miro al fondo de tus ojos claros.

 

Gracias a la vida que me ha dado tanto
Me ha dado la risa y me ha dado el llanto
Asi yo distingo dicha de quebranto,
Los dos materiales que forman mi canto,
Y el canto de ustedes que es mi mismo canto,
Y el canto de todos que es mi propio canto
Gracias a la vida que me ha dado tanto.

 

 Grazie alla vita

  Grazie alla vita che mi ha dato tanto,

Mi ha dato due occhi che quando li apro

Chiaramente vedo il nero e il bianco,

Chiaramente vedo il cielo alto brillare al fondo,

Nella moltitudine l'uomo che amo.

 

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,

Mi ha dato l'udito così certo e chiaro

Sento notti e giorni  grilli e canarini

Turbini martelli e lunghi pianti di cani

E la voce tenera  del mio amato

 

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,

Mi ha dato il passo dei miei piedi stanchi

Con loro ho attraversato  città e pozze di fango

Lunghe spiagge vuote valli e poi alte montagne

E la tua casa la tua strada Il tuo cortile

 

Grazie alla vita che mi ha dato tanto,

Del mio cuore in petto il battito chiaro

Quando guardo il frutto della mente umana

Quando vedo la distanza tra il bene e il male

Quando guardo il fondo dei tuoi occhi chiari

 

Grazie alla vita che mi ha dato tanto

Mi ha dato il sorriso e mi ha dato il pianto

Così io distinguo la buona o brutta sorte

Così le sensazioni che fanno Il mio canto

Grazie alla vita che mi ha dato tanto