IL TEATRO
ANTICO
All'origine
del Teatro c'e' l'ansia umana di relazionarsi con la divinita' (dimensione
verticale), e il bisogno dell'uomo di intessere rapporti con i suoi simili
(dimensione orizzontale).
L'uomo,
in balia degli elementi naturali (i fulmini, le inondazioni, i terremoti),
ritenendoli manifestazioni del soprannaturale, tende a creare un intenso legame
con quel mondo ombre nato dal suo immaginario. E poiché la realta' lo
meraviglia e lo spaventa, egli si crea esseri fantastici dai quali farsi
proteggere; quindi li evoca, li anima, li rappresenta. Ma la rappresentazione
necessita dei riti; nascono allora i culti, le liturgie, accompagnati da cori e
musiche.I
riti, i culti, le cerimonie religiose hanno dato inizio alle prime forme reali
di teatro.
Il teatro
esplora dunque la condizione umana, diventando coscienza critica sulle condizioni del
mondo, dando forma alla tensione verso il futuro, alle speranze e alle progettualità
sociali del gruppo.
In Egitto
Dalle
ricerche archeologiche (col ritrovamento di un papiro, nel 1928, da parte di
Kurt Sethe), sappiamo che gia' mille anni prima della nascita della tragedia
greca, il teatro si praticava nell'antico Egitto sotto forma del culto dei
"Misteri di Osiride": quel
papiro conteneva il promemoria del maestro di cerimonie che sovraintendeva al
rito stesso.
In Grecia
La
nascita del teatro greco si fa risalire ai “Misteri
di Eleusi”, di origine egiziana, collegati al culto di Osiride e ricondotti
poi al culto agreste, secondo il ciclo delle stagioni.
Agli
inizi, e fino al VI secolo a C., furono messe in scena la vita e le gesta di
Dionisio (dio dell’allegria e del vino), il cui culto consisteva in frenetici
girotondi di satiri avvinazzati e osceni. Accompagnavano le cerimonie cori e
danze figurate, primo abbozzo di azione drammatica. In seguito, con l’avvento
degli eroi e delle loro gesta, le manifestazioni religiose divennero vere e
proprie rappresentazioni.
Intanto
i poemi omerici (Iliade e Odissea) davano stabilità alla lingua greca, che
sarebbe divenuto il veicolo principale del genio greco e del suo teatro.
Il Ditirambo e il Giambo (antiche forme della poesia greca), possono considerarsi i
primi modelli dell’arte drammatica. Il Ditirambo, coi suoi tumulti orgiastici,
prefigura la commedia; mentre il giambo, violentemente polemico e
satirico, prefigura il dramma.
La
tradizione attribuisce le prime chiare forme di teatro, a Tespi, venuto dall'Icaria
e giunto ad Atene su di un carro su cui trasportava degli attrezzi di scena,
gli arredi, i costumi e le maschere. Tespi
ebbe un enorme successo in tutta la Grecia verso la meta' del VI secolo.
Fin dal V secolo si diffondono in molte
città della Grecia gare di teatro dette agoni
drammatici. Esse assumono via via un livello artistico sempre piu' alto,
sia per il prestigio dei tragediografi, sia per la perfezione delle
rappresentazioni, che da allora in poi non vennero piu' modificate.
L'attore tragico antico era una figura
imponente, doveva possedere una voce tonante, un’ottima dizione, e doveva saper cantare.
Altro
personaggio della tragedia era il coro. Esso era formato da quindici -
cinquanta elementi, semi-professionisti dello spettacolo. La sua funzione era
importantissima nell'economia della tragedia: infatti rappresentava più che un
interlocutore dei personaggi, la coscienza stessa della tragedia: Egli
ascoltava, commentava, si commuoveva, compativa, ma mai interveniva nell’azione
teatrale. Il V secolo a.C., - nel quale la
nostra civiltà era ancora agli albori - dette uomini illustri non solo
all'Antica Grecia, ma a tutto l’Occidente: Socrate, Platone, tra i filosofi; Eschilo, Sofocle, Euripide tra i poeti
tragici; Aristofane tra i
commediografi; Ippocrate fra i medici; Fidia, Prassitele, Policleto tra gli
artisti; Erodoto, Tucidite, Senofonte tra gli storici.
In età classica dal punto di vista architettonico i greci
costruivano il teatro sulle pendenze dei colli. Questo era un semicerchio
appoggiato su una collina con al centro il palcoscenico; era
caratterizzato da un'acustica perfetta: infatti pur trovandosi all'aperto il
pubblico era disposto sulle gradinate in modo semicircolare.
In Roma
I
costumi severi e barbari di Roma non permisero il sorgere di qualcosa che possa
annoverarsi come teatro romano, se si
eccettua il culto dei Lari
(protettori della casa) e il verso
saturnino accompagnato dalla musica in alcune danze di sacerdoti di Marte,
in onore del loro dio, protettore di Roma.
La
mancanza di una classe media che caratterizza l'Impero, il brutale contrasto
tra i costumi patrizi, dissoluti e violenti e i costumi della plebe
cosmopolita, moralmente decaduta, non favori' l'insorgere di un teatro vero e
proprio. Nonostante l'indiscutibile gusto per gli spettacoli dei romani, come
testimoniano gli affreschi di Ercolano e Pompei (scenografici, con maschere
tragiche e comiche d'interesse notevole), il teatro latino ebbe poca gloria.
Il
contributo essenziale al teatro latino fu dato dalle "atellane", che influenzarono il teatro dell'arte e, in
seguito, il teatro di tutta l'Europa. Le atellane, dal nome della citta' di
Atella, in Campania, furono introdotte a Roma verso il III secolo a.C. L'atellana
veniva recitata come il dramma satiresco greco, e i personaggi erano immutabili
sotto le loro maschere (Maccus, Manducus, Dossenus, Pappus, cioè il mangione,
il gobbo e furbo, il vecchio sciocco) come classici tipi da commedia dell'arte
vera e propria. Un altro genere era la cosiddetta "palliata", (da pallium, mantello) e nelle commedie di Terenzio
e Plauto, scritte con grande spirito di osservazione critica, i mimi e le
pantomime assunsero un certo sviluppo e una certa importanza.
Plauto (254-186) venne a Roma dall'Umbria ed inizio' la
carriera teatrale con le atellane. Plauto fu un uno dei maestri del teatro per
il brio straordinario che non teme neppure la trivialita', e per il grande
senso dell'osservazione delle tipologie umane che arricchi' frequentando
mercati, gli schiavi, i soldati, le prostitute che gli ispirarono gran parte
delle commedie.
Le sue
commedie avevano un prologo lunghissimo, un vero discorso rivolto al popolo
sull'argomento della commedia stessa, i dialoghi erano espressi da parole
saporite di pura fonte latina, la musica e il canto erano felicemente
integrate.
Terenzio (185-159) nacque a Cartagine ed era influenzato
dall'elegante cultura greca. Le sue commedie rispecchiano una sottigliezza e
una eleganza che lo fece favorire a Plauto dal pubblico costituito dalla buona
società romana.
Una
annotazione particolare sul teatro latino riguarda Seneca (266 d. C.) delle cui opere, pero', nessuna fu mai
rappresentata. Le sue tragedie, a differenza di quelle greche, semplici e
lineari, avevano un intreccio complicato e ci permettono di credere che questo
fosse lo stile della tragedia romana.
I teatri romani furono costruiti
intorno al 55 a.C. - Erano costruiti, solitamente, su terreno pianeggiante,
disponevano di gallerie e si integravano perfettamente all'insieme della città.
I romani facevano uso del sipario, sconosciuto ai greci, e i costumi di scena
si differenziavano secondo i personaggi.
IL TEATRO
MEDIEVALE
Dopo
la caduta dell’impero romano d’Occidente (476 d.C.) e la formazione degli stati
feudali, l’espandersi del Cristianesimo impose le sue credenze e i suoi riti.
La nuova religione considerava licenzioso e corruttore del corpo e dello
spirito il teatro pagano. Soltanto pochi mimi sopravvissero, ma bastarono ad
assicurare la transizione del teatro profano dalle “fabulae atellane” alle “giullarate”
medievali.
Il
Medioevo italiano non espresse dunque nessun teatro propriamente detto ma,
attraverso i giullari e i mimi, nacque quella forma di teatro che fu chiamata
"l'improvviso". Tale modo
di recitare, arricchito dalle esperienze di corte e dalle piazze, consentì la
nascita della famosa commedia dell'arte
( o de “l'improvviso”), che ebbe
risonanza in tutta Europa.
Il
teatro medievale fu caratterizzato principalmente dalla presenza di contenuti
tratti dai riti religiosi. Essi erano destinati ad aiutare la memoria del
recitante: le strofe - cantate o cantilenate - formavano dapprima un dialogo,
poi un piccolo dramma. Sorse così il dramma liturgico recitato. Le recite erano
assicurate dalle varie confraternite che, prima recitavano nelle chiese, poi,
per maggiore libertà, d'espressione, nei sacrati e nelle piazze attigue alle
chiese.
Tra le forme teatrali antiche e quelle post-medievali, si può
collocare dunque un genere del tutto a sé stante, fiorito in Italia nei secoli
XIV e XV: la “sacra rappresentazione”.
Diffuso soprattutto in Toscana e in Umbria ad opera di autori spesso anonimi,
esso proponeva a un pubblico di fedeli e durante le feste religiose
(particolarmente quelle della settimana di Pasqua) la rappresentazione di fatti
dell'Antico e del Nuovo Testamento, specialmente della vita e della passione di
Cristo. All'aperto, su un palco eretto davanti alla chiesa, attori improvvisati
svolgevano un'azione scenica, che era insieme celebrazione di un rito religioso
e spettacolo vero e proprio. Il pubblico ne era coinvolto, partecipando
direttamente con preghiere e canti alla rappresentazione. Il genere ebbe
diffusione anche in Francia, in Inghilterra e soprattutto in Spagna.
IL TEATRO RINASCIMENTALE
In Italia
La
cultura ‘umanistica’ che caratterizzò il quattrocento italiano, rivisse
profondamente l'antichità, sulla scia dei pensatori, dei poeti e degli artisti
delle passate civiltà.
Il
teatro italiano, in particolare, inaugurò uno stile tutto proprio che è arrivato
fino ai nostri giorni.
Questo nuovo stile teatrale
eccelle nelle fantasie architettoniche e plastiche della scena diventata
statica, ma che ritrova mobilità nei mezzi della meccanica teatrale sempre più
precisa ed efficace. Gli artisti,
studiando Vitruvio e ricercando nuove tecniche, inventarono la prospettiva
scenica. Il lusso del teatro di corte attirò il Vasari, Raffaello e Giulio
Romano, mentre Leonardo da Vinci si cimentò nella progettazione di macchine per
gli "Olimpi", divertimenti in maschera di corte.
Le ‘commedie
colte’ furono quelle scritte per le corti dei Signori dall'Aretino, dall'Ariosto,
dal Machiavelli. Ma mentre la corte viveva il proprio teatro nei limiti della
tragedia, della commedia e delle "pastorali"
senza lasciare grandi tracce; la ‘commedia
dell'arte’ - costituita essenzialmente dall’“improvvisazione” - continuò ad avere successo per opera dei
pagliacci (i cosiddetti Zanni), eredi
dei mimi latini, che recitavano passando di città in città.
E mentre
la commedia erudita, affidata di regola a dilettanti, cresciuta al chiuso, aristocratica,
tutta scritta, dal prologo all'epilogo,
si smarriva nella storia, la commedia
dell'arte, eseguita da attori professionisti, vaganti nelle piazze,
improvvisata su semplici canovacci che permettevano agli attori di agire
secondo il proprio estro, con lazzi, allusioni, satire e scherzi, visse e si
trasformò in commedia moderna.
Angelo
Beolco, detto il "Ruzzante" (sinonimo di monellaccio-rompicollo),
dette nuovo impulso alla commedia
dell'arte scrivendo dei canovacci ricchi di trovate verbali, d'invenzioni
burlesche e di lazzi. I soggetti raggiunsero la perfezione sviluppandosi in tre
parti, precedute da un prologo, e ricchi di peripezie che andavano dal terrore
alla buffoneria. I zanni, ben presto, si
arricchirono di originali personaggi, da Scaramuccia a Pulcinella, da
Arlecchino a Brighella, da Pantalone a Colombina, ecc.
Negli altri stati d'Europa, il
teatro assunse tinte diverse, ma tutte ricollegate e originate dalla commedia dell'arte.
In Spagna
In
Spagna si ebbe il "secolo d'oro"
con Miguel dal Cervantes, dal gusto
epico e picaresco, ma senza vero movimento drammatico.
Lope de Vega fu
l'autore, che insieme a Shakespeare si può considerare il creatore del dramma
moderno. Fu un autore fecondo e la sua produzione si aggira a circa 1800 lavori.
Ebbe una grande forza creatrice, una feconda immaginazione, una padronanza
drammatica, e un indiscusso senso scenico rivolto all'azione teatrale. Egli, come nessun altro, seppe opporre il comico al patetico, i sentimenti familiari ai pensieri più alti, le nobili passioni alle miserie degli uomini. Egli visse lo spirito del suo tempo (era Re Filippo II) insieme al genio di Gongora, di Tirso da Molina, di Velasquez, e dopo una vita di peripezie e avventura, un anno prima di morire fu consacrato sacerdote.
drammatica, e un indiscusso senso scenico rivolto all'azione teatrale. Egli, come nessun altro, seppe opporre il comico al patetico, i sentimenti familiari ai pensieri più alti, le nobili passioni alle miserie degli uomini. Egli visse lo spirito del suo tempo (era Re Filippo II) insieme al genio di Gongora, di Tirso da Molina, di Velasquez, e dopo una vita di peripezie e avventura, un anno prima di morire fu consacrato sacerdote.
Tirso da Molina
interpretò i sentimenti degli uomini, compresi quelli fuori dalle convenzioni
ordinarie, sempre con scopi morali, anche quando si ispirava al Boccaccio. Il suo personaggio di Don Giovanni è stato imitato da altri grandi autori, fino ai nostri
tempi (Moliere, Byron, Metastasio, Goldoni,
Mozart, Saramago, ecc.)
Petro Calderon de la Barca fu un
prolifero autore di "autos
sacramentales", con i quali raggiunse una grandezza mai superata. Le
sue commedie, da perfetto cortigiano, trattano di religione, di re e d'onore.
IL TEATRO IN
EUROPA
tra il XVI e
il XVII secolo
Il teatro elisabettiano
L’epoca
del teatro
elisabettiano viene considerata tradizionalmente nell’arco di tempo compreso fra
il 1558 e il 1625, durante i
regni dei due sovrani Elisabetta I d'Inghilterra e Giacomo I.
Il termine,
nella sua più ampia accezione di teatro rinascimentale inglese, si
estende ai fenomeni teatrali fioriti nel periodo che va dalla riforma
anglicana
alla chiusura dei teatri nel 1642, a causa del
sopraggiungere in Inghilterra della Guerra Civile,
comprendendo quindi anche buona parte del regno di Carlo I.
Il teatro di
tutto il periodo è associato a due grandi personaggi: la regina Elisabetta (1533-1603), da cui
trae il nome, e William Shakespeare, massimo
esponente di questo periodo e considerato tuttora uno dei maggiori autori della storia del teatro.
Altri esponenti
del teatro elisabettiano furono Christopher Marlowe (1564-1593) e Thomas Kyd (1558-1594). Ma Il vero rivale di Shakespeare fu
tuttavia Ben Jonson (1572-1637), le cui commedie furono influenzate dalla commedia dell'arte.
William Shakespeare (1564-1616) è considerato
il più importante drammaturgo della cultura occidentale
. Egli fu
in grado di coniugare il gusto popolare della sua epoca con una complessa
caratterizzazione teatrale dei personaggi, insieme ad una poetica colta e raffinata.
Tra il XVI
e il XVII secolo, Shakespeare visse il passaggio della storia
verso la modernità. Quando Elisabetta I
salì sul trono , si apriva in Inghilterra una nuova felice stagione artistica e
culturale. Shakespeare ebbe modo di apprendere il latino e i classici della letteratura. A diciotto anni, sposò a Stratford Anne
Hathaway, di otto anni più anziana di lui. Come
è stato ipotizzato, egli iniziò la sua carriera teatrale unendosi a una delle
tante compagnie che visitavano Stratford annualmente.
William
Shakespeare morì nel 1616.
L'opera
poetica e drammaturgica di Shakespeare rappresenta un patrimonio assai prezioso
della letteratura occidentale. 36 sono le opere teatrali attribuite a
Shakespeare: tragedie, commedie e drammi
storici
Il teatro shakespeariano
L'originalità
di Shakespeare è tutta nell'ampiezza del respiro narrativo. Egli riuscì a
combinare il suo genio poetico con un senso pratico del teatro, strutturando le
trame delle sue opere in vari centri di interesse, mostrando diversi possibili
punti di vista, senza ricorrere a schemi preordinati.
Sono temi ricorrenti nel teatro di Shakespeare: l'amore
(passione disperata in Otello, passione sensuale in Romeo e Giulietta), la lotta
per il potere, la morte, il carattere illusorio e la fugacità
della vita, la precarietà dell'esistenza con i frequenti motivi
dell'oscura presenza della morte e del dubbio che sembrano dominare il cammino
terreno dell'uomo.
Il tema della lotta per il potere, così frequente (Amleto, Macbeth, Re Lear), si spiega
col fatto che l'autore visse in un'epoca in cui predominava la monarchia assoluta che, se da
una parte assicurava l'ordine e la prosperità, dall'altra creava grande brama
di potere, forti rivalità, invidie, gelosie.
Altri temi fondamentali in Shakespeare sono la presentazione dei sentimenti
e degli stati d'animo umani nella loro varietà e complessità, senza
escludere i problemi morali e psicologici nonché gli stati anomali della
mente quali le contraddizioni nel comportamento, l'inquietudine, la follia.
Dalla tradizione popolare e medievale Shakespeare accoglie poi la dimensione
fantastica e irrazionale (come la rappresentazione degli spettri in Amleto e Macbeth, delle
streghe in Macbeth, dei
folletti in La Tempesta, ecc.). Tali figure
soprannaturali rappresentano le angosce e le colpe insite nell'animo umano.
L'"eroe" si presenta come una figura complessa che resta tale e
spesso esce moralmente nobilitata anche dopo drammatici conflitti di coscienza
ed una sconfitta subita ad opera degli eventi.
Il fato nella tragedia classica era
una forza soprannaturale, superiore anche agli dei, capace di determinare la
sorte degli uomini. Nel teatro di Shakesperare esso non è più presente in
quanto cede il posto al carattere, alle libere scelte e ai conflitti interiori
dell'individuo. Quanto alle figure femminili, esse assumono una
notevole importanza: sono dotate di autonomia e di forte individualità. I loro
caratteri e i loro comportamenti sono diversi: ad esempio la tenera Giulietta (Romeo e Giulietta),
l'innocente Desdemona (Otello),
l'intelligente Porzia (Il mercante di Venezia). Altre
invece sono coinvolte nella lotta per il potere come la sinistra Lady Macbeth (Macbeth) o le due perfide figlie di Re Lear.
Shakespeare se da una parte è figlio del Rinascimento in quanto nelle
sue opere interpreta l'uomo che afferma se stesso, la propria creatività e
razionalità contro i limiti posti dalla realtà e dal destino, d'altra parte
egli è anche esponente della nuova sensibilità del barocco, in quanto
evidenzia le lacerazioni di coscienza dell'individuo, l'incertezza degli
ideali, la mutevolezza della sorte, il mistero insondabile della vita
accompagnato da un senso di smarrimento esistenziale. In Shakespeare troviamo il
dubbio
radicale, cioè se la vita, oltre ad essere breve, fragile e minacciata
dalla continua presenza della morte, sia anche un sogno, un'illusione: ne sono
testimonianza le celebri affermazioni nel Macbeth (V, 5) e ne La
Tempesta
(IV, 1).
Macbeth sostiene che
"la vita è solo un'ombra che
cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si dimena per un'ora sulla
scena e poi cade nell'oblio: la storia raccontata da un idiota, piena di rumore e di foga,
che non significa nulla". Nella seconda opera citata, il principe Prospero dice: "noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni e la nostra breve vita
è cinta di sonno".
Il teatro barocco
Nel Seicento, in
Europa, il teatro tragico si distingue in due filoni principali: quello legato
al mondo classico, i cui autori principali sono Pierre Corneille (1606-84) e
Jean Racine (1639-99); e quello che da questo si distaca nettamente,, o perché
troppo religioso (come in Spagna), o perché rifiuta le regole aristoteliche e
si collega a temi storici (come quello inglese di Marlowe e di Shakespeare).
IL TEATRO NEL XVIII SECOLO
Il Settecento fu un secolo buio per quanto riguarda la Spagna, ben lontana dai fasti dei periodi precedenti; transitorio per la produzione britannica; illuminista per quella tedesca; ricca di innovazioni in Francia.
La situazione italiana dopo un lungo secolo di Commedia dell'Arte dedicò l'inizio di questo secolo all'analisi delle forme teatrali e la riconquista degli spazi scenici di una nuova drammaturgia che oltrepassasse le buffonerie del teatro dell'improvvisazione. Se per la commedia i conti con il teatro dell'arte è subito conflittuale poiché in tutta Europa la commedia delle maschere è considerata la "commedia italiana" con i suoi pregi ma anche i difetti di una drammaturgia quasi assente e la poca cura dei testi rappresentati, spesso quasi mai pubblicati, il confronto con la commedia del resto d'Europa penalizza molto il teatro italiano.
All'inizio del XVIII secolo la commedia cortigiana s'avvale della produzione della scuola toscana della commedia detta pregoldoniana.
Grazie all'esempio di Molière e al lento distacco del francese dalla commedia italiana per costituire una forma intermedia di dramma a metà tra quella dell'arte e la commedia erudita, (pur mantenendo fisse le presenze di ruoli classici della commedia dell'arte), fa sì che per la prima volta si scoprano i volti degli attori e che le maschere cedano il posto a nuove figure come quella del Borghese gentiluomo, del Tartufo, del Malato immaginario ecc. Su questo modello i pregoldoniani costruiscono e stendono le trame delle loro commedie, alle volte anche sin troppo simili a Molière.
Se per la commedia la situazione italiana è oscurata dalla ormai centenaria tradizione della commedia dell'arte, per la tragedia, la situazione in Italia è peggiore. In Italia non era mai esistita una tradizione tragica. In compenso esisteva un ampio patrimonio tragico all'interno del melodramma ma che non rispondeva certo alle esigenze di coloro che ammiravano il secolo d'oro francese di Corneille e Racine.
Il teatro italiano riprese un ruolo di primo piano all'interno del panorama europeo, nel melodramma con Metastasio (1698-1782) e nella commedia con Goldoni (1707-1793). Metastasio ridiede spessore al libretto, anche a scapito della musica e del canto, purificando il linguaggio poetico e migliorando la caratterizzazione dei personaggi, al punto da divenire non solo il librettista più ricercato fra i musicisti europei, ma persino un autore teatrale rappresentato anche in assenza della musica. Goldoni fu un riformatore e uno sperimentatore, spaziando dalla commedia di carattere a quella di ambiente, dalla drammaturgia borghese a quella popolare, dalla commedia dialettale esaustiva alla rappresentazione della realtà veneziana focalizzata nelle contraddizioni sociali, politiche e economiche.
Il melodramma
Melodramma (dal greco μέλος = canto o musica + δρᾶμα = azione scenica o recitazione) è il termine indicante l'opera in musica. Il termine è anche utilizzato per indicare il genere letterario, che come prodotto di creazione fa capo al libretto, cioè tutta la produzione di testi teatrali - in versi o in prosa - di un autore (non necessariamente compositore), che successivamente verranno messi in musica (ad esempio, si intendono comunemente come melodrammi i libretti di Pietro Metastasio).Il melodramma è un genere di teatro dove i personaggi si esprimono con il canto e la musica. La musica non accompagna le parole, ma è la parte fondamentale della rappresentazione e da essa dipendono tutti gli altri elementi che formano lo spettacolo.
Nel melodramma l'azione si realizza attraverso la musica e il canto. Poiché si avvale di scenografie e, spesso, di azioni coreografiche, l'opera può essere considerata una delle manifestazioni artistiche più complesse nella storia del teatro moderno.Già nella tragedia greca la poesia si univa alla musica; così pure nel Medioevo, nelle scene di argomento religioso e profano, si utilizzano accompagnamenti musicali.
Nel XV sec a Firenze, un gruppo di studiosi, la cosiddetta Camerata Fiorentina, era solito riunirsi nelle case dei nobili (in particolare a Palazzo Bardi da cui il nuovo nome “Camerata dei Bardi”), per sperimentare semplici melodie ispirandosi al modello dell’antica musica greca. Nacque così un tipo di musica, l’Opera, a metà fra il canto e il recitato eseguita da un solista e accompagnata dalla melodia degli strumenti. L'Opera ebbe origine dal desiderio, da parte di molti intellettuali rinascimentali, di voler riportare in vita, in lingua italiana, la tragedia classica greca. Si pensava che quest'ultima fosse interamente cantata, anche nei recitativi, in quel modo che poi venne definito con una espressione divenuta poi famosa, "recitar cantando". Così facendo si diede ampio spazio alla parola che, valorizzata in tutte le sue sfumature, orientò i compositori verso la monodia in contrapposizione alla polifonia, un genere oramai prossimo all'esaurimento.E' interessante sottolineare che, se si era partiti dalla necessità di riscoprire l'antico, si finì per creare un genere teatrale del tutto nuovo che prese, appunto, il nome di "Melodramma".
I primi esperimenti in merito, nati all'interno di quella specie di 'laboratorio' che fu la Camerata fiorentina, portarono dunque alla nascita del melodramma.Primi melodrammi sono considerati Dafne (1597) ed Euridice (1600) entrambi con testo di O. Rinuccini e musiche di J. Corsi e di J. Peri.Tuttavia il vero e primo grande autore di opere liriche fu Claudio Monteverdi (1567-1643) il quale determinò definitivamente il principio fondante del melodramma e cioè che la musica ha pari dignità delle parole. Con l’Orfeo (1609) di Monteverdi si entra in un nuovo genere di musica. L’opera, una «favola in musica», è un capolavoro assoluto, è la prima opera di cui la partitura ci sia giunta interamente. Intorno alla metà del ‘700, Metastasio (pseudonimo del poeta romano Pietro Trapassi, 1698-1782) operò una trasformazione del melodramma, portandolo a una dimensione di pura fantasia, dove parole e musica vengono fusi armonicamente.
Il tradizionale bagaglio mitologico fu vivificato dalla sensibilità settecentesca, fatta di una continua oscillazione tra lucidità razionale e sollecitazioni del sentimento. Metastasio utilizza tutte le risorse della tradizione teatrale per dare valore a quelle motivazioni psicologiche che spesso prendono il posto dell'azione, talvolta macchinosa e artificiale. I suoi eroi si muovono in una dimensione volutamente irreale e trovano la loro massima espressione nelle "ariette" conclusive delle scene, in cui vengono tirate le fila dell'azione, mentre la sfera dei sentimenti viene esplorata in maniera da metterne in risalto le contraddizioni, senza tuttavia trasmettere allo spettatore la drammaticità del conflitto.All'affermazione del nuovo genere musicale contribuì fortemente la costruzione dei primi teatri lirici, costruiti con accorgimenti del tutto nuovi soprattutto in termini acustici.
Tra il XVIII e il XIX secolo il melodramma si diffuse rapidamente potendo contare su grandi compositori: in Germania su Mozart e più tardi su Wagner; in Italia - tra la fine del 700 e tutto l'800, il melodramma raggiungerà la piena maturità con l'affermazione di grandi autori come Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Puccini.